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Tag Archives: campagna

“Un mondo di donne per festeggiare alternativamente l’8 marzo”

A Monticello le donne eroine quotidiane del Novecento nelle storie di Tommasino Giaretta 

Iniziativa alternativa quella degli Assessorati alla Cultura e dell’Istruzione del Comune di Monticello Conte Otto che si affidano alle parole di un uomo per tributare un omaggio alle Donne. L’intrattenimento letterario organizzato dall’Amministrazione Comunale per martedì 8 marzo alle 20.45 nella raccolta cornice della Chiesetta di Santa Maria Assunta di Vigardolo, dove è allestito per l’occasione anche l’expo artistico  Mulier  del’Associazione Culturale BOLArt, reca infatti l’impronta del noto scrittore vicentino Tommasino Giaretta.

Insegnante e giornalista – corrispondente locale dell’est del vicentino de Il Giornale di Vicenza da circa trent’anni e direttore responsabile de Il Guado periodico di San Pietro in Gù – ma soprattutto portavoce letterario della cultura contadina, Tommasino Giaretta proporrà un percorso letterario e di costume a cavallo tra l’epoca rurale e il boom economico di fine Novecento, attraverso tipi e miti di donne tratti dai suoi sei volumi di racconti ambientati nel territorio vicentino.

Temi centrali della serata saranno la trasformazione della società di stampo matriarcale e il percorso di emancipazione sessuale, lavorativa e politica della donna incoraggiato anche dai media e dalle moda. Lo scrittore porrà termini interlocutori il parallelismo tra la donna d’altri tempi e la donna moderna, scegliendo come collante tra passato e modernità la figura mitica della Rosa Jaretona, personaggio evocato, piuttosto che descritto, durante tutta la sua produzione letteraria e con il quale si chiuderà la carrellata dei ritratti al femminile.

Giaretta, spalleggiato da Michela Menegus, animerà la serata in veste d’interprete dei propri brani letterari e d’interlocutore preferenziale con il pubblico, femminile e non, il quale sarà coinvolto in una sorta di “people show” esperienziale ed interattivo.

L’ingresso è gratuito e libero. E’ gradita anche la presenza maschile. Alla fine della performance letteraria sarà offerto al pubblico un cocktail a buffet per festeggiare la ricorrenza.

Per informazioni: www.comune.monticello.vi.it

 

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“L’ultimo libro di Tommasino Giaretta: Pan e pero”

“L’ultimo libro di Tommasino Giaretta: Pan e pero”
L’ultimo libro di Tommasino Giaretta: Pan e pero

Arriva un treno-merci letterario carico di biodiversità spirituale e naturale

Questa volta il volpone di Lanzè, alias lo scrittore e giornalista Tommasino Giaretta, ha confezionato uno scherzetto secondo il suo stile per i suoi devoti lettori, i quali hanno fino ad oggi pazientemente atteso  quattro lunghi anni per sapere se il Tote aveva fatto la fine del pantegano nel fossato di Villa Tacchi. Invece i fans rimarranno a bocca asciutta, perché il nuovo libro di Giaretta, “Pan e pero”, si annuncia come un prequel, cavalcando la moda delle grandi produzioni oltreoceano.

Tote c’è, Toni Ultimo pure, ma non sono quei personaggi che avevano così fragorosamente riempito le pagine dei racconti de Il mondo di Tote: essi compaiono come degli acerbi ragazzotti i quali, in gruppo l’Armando o il Milchi, si scartano e accompagnano in modo impercettibile il lettore: la loro presenza è appena palesata da un moto o una battuta per poi ritirarsi a far spazio ai protagonisti principali, ovvero  uomini, animali e prati.

Tuttavia più animali che uomini, più paesaggi che esseri umani sono narrati in questo lungo treno-merci di rapidissimi racconti, indipendenti ma legati l’uno all’altro di modo che uno tiri l’altro in una lettura che fa rimanere il lettore “impalato ed estasiato” come i ragazzini di campagna al passaggio di quel “ mostro d’acciaio che sputava fuoco, acqua e vapore”. Un treno-merci di cinquanta ricordi nella campagna vicentina, dal Dopoguerra fino agli Sessanta, ben stoccati e numerati in filoni tematici che fanno emergere un bisogno urgente di ordine da parte dell’autore.

Sarà per questa nuova stagione del sentire di Giaretta che il nuovo libro si presenta con una veste grafica essenziale, senza immagini all’interno, con una copertina dalle forme semplici e ben definite, dai colori tenui e naturali ma elegantemente bilanciati tra i dominanti verde e celeste, in cui l’assenza fisica dell’uomo è amplificata dal cappello penzolante e la cui intelligenza sensibile è trasfigurata nella volpe, il renart dei fabliaux, simbolo della furbizia e della scaltrezza per eccellenza.

In “Pan e pero” effettivamente tutto è messo in riga come il “domino delle casette” del Vatican,  punto di inizio dell’inedito percorso artistico di Giaretta e punto di non-ritorno rispetto al “vecchio Vatican” di Nane Russa. “Pan e pero” è una piana dove i racconti si stagliano in una sorta di tassonomia del passato universo contadino che recupera una dimensione spirituale e linguistica bio-diversa mediante l’utilizzo, seppur parsimonioso, di termini dialettali ormai dimenticati e in via d’estinzione. “Pan e pero” si pone infatti come un’opera di recupero di lessico familiare e sociale attraverso un dizionario di toponimi, un dispiegamento di sinonimi e un inventario di nomi relativi a animali e a elementi vegetali della campagna. L’insieme è condito da stile narrativo che rimanda alla raffinata giocosità del Rodari, con la differenza che qui Giaretta costruisce degli originalissimi calembours orientandosi verso la retorica delle figure di suono, tra le allitterazioni e le assonanze dell’italiano e del veneto. Se poi ne “Il Mondo di Tote” si sprecavano i parallelismi e le comparazioni, qui l’autore si specializza nella metafora e nella personificazione. A onor del vero, la personificazione viene sapientemente maneggiata e usata per un unico scopo: rimbalzare i sentimenti umani. Essa può quindi diventare “animalizzazione” dell’esser umano, come nel racconto de La donnola, e delle cose, come la memorabile trasformazione del treno merci in un serpente carbonasso o in un mostro di ferro di matrice naturalista zoliana; la personificazione si spinge ad assurgere a “umanizzazione” degli animali, come nella descrizione del “cane da cristiani” La Jena, e delle cassie nei paesaggi de La sgora.

La maestria dell’autore riesce a non far deragliare l’intera carovana nel dirupo del passatismo nostalgico, stemperando i condensati di alta prosa poetica con un ritmo narrativo veloce, ritmato e brioso e punteggiando la scrittura con un senso dell’umorismo che parte dalla freddura inglese, come nell’episodio del Pajetta o nei passi de I Russi, fino a sfociare in un’incontenibile irriverenza, come nel racconto de I campi del prete.

“Pan e pero” è un treno che scarica a ogni fermata di racconto uno dei grani di saggezza che lo compone, per voce della tuonante Rosa Jaretona o di quel censore dell’Ernesto, le ombre lunghe dell’umanità sanguigna dell’infanzia dell’autore. Il provocatore Giaretta a volte lascia sui binari fardelli ingombranti, istanze attuali e spinose su cui il lettore è chiamato a riflettere:  la disabilità, il benessere animale, la pratica della caccia, il saccheggio del paesaggio, la perdita della biodiversità spirituale e naturale, la difesa della proprietà … .

Ed è proprio spinto dall’eco degli spari del Casermòn, che il lettore deve saper prender coraggio per saltare al volo sul primo vagone, per partire in questo nuovo viaggio nella “Piccola Olanda” dell’est vicentino, per arrivare infine nella dimensione del “verde diamante” di Tommasino Giaretta.

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